2012 NOVEMBRE VENEZIA NOVEMBRE 2012
C O M M O N G R O U N D
David Chipperfield ha dichiarato: “Voglio che questa Biennale renda omaggio a una cultura architettonica vitale e interconnessa che si interroghi sui territori condivisi, intellettuali e fisici. Nella selezione dei partecipanti la mia Biennale favorirà la collaborazione e il dialogo, che considero il cuore dell’architettura, e il titolo fungerà anche da metafora del terreno di attività dell’architettura.
Il titolo " Common Ground " allude esplicitamente anche al terreno fra edifici, agli spazi della città. Vorrei che i progetti esposti alla Biennale indagassero in profondità il significato degli spazi creati dagli edifici: gli ambiti politici, sociali e pubblici di cui l’architettura fa parte. Non voglio smarrire il tema dell’architettura in un pantano di speculazioni sociologiche, psicologiche o artistiche, ma piuttosto cercare di ampliare la comprensione del contributo specifico che l’architettura può dare nella definizione del terreno comune della città.
Il tema è un atto deliberato di resistenza all’immagine dell’architettura diffusa oggi dalla maggior parte dei media fatta di singoli progetti che scaturiscono dalle menti di talenti individuali già pienamente compiuti. Vorrei promuovere il fatto che l’architettura è fortemente legata, intellettualmente e praticamente, alla condivisione di problemi, influenze e intenti.
Il mio metodo di selezione degli architetti rafforzerà il tema di base ponendo la collaborazione e il dialogo come elementi fondamentali di questa Biennale. Inviteremo i partecipanti a proporre opere o installazioni, ma chiederemo loro anche di proporre altri nomi con i quali desiderino collaborare.
In questo modo, la scelta del curatore verrà integrata da un ulteriore serie di relazioni generate dagli architetti selezionati.
Le Biennali degli ultimi anni avevano dilatato la rappresentazione dell’architettura evidenziando le sue connessioni con una serie di grandi “questioni” di tipo sociale, urbano, ambientale e politico. L'architetto David Chipperfield si è interrogato invece sugli elementi che la compongono, sulle finalità che persegue, sui vincoli che la condizionano, e sui strumenti con cui essa agisce nei luoghi, negli spazi e negli edifici.
Difficile capire se il folto pubblico si riconosce nelle dichiarazioni dei curatori della mostra; le opere in sè e le installazioni hanno a mio parere il sopravvento su qualsiasi altro discorso, su qualsiasi intento. Possono piacere o possono lasciare indifferenti.
E nella società massificata in cui viviamo anche il nome degli architetti, fotografi e artisti che hanno partecipato a questa rassegna viene subito dimenticato dai non addetti ai lavori.
Rimane l'immagine dell'opera, quella si vincente almeno per l'attimo in cui viene eseguita e per quello successivo in cui viene proposta ad un altro pubblico, magari quello ben più numeroso del web.
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