Identità
<< La morte o la sua allusione rende preziosi e patetici gli uomini. Essi commuovono per la loro condizione di fantasmi; ogni atto che compiono può essere l’ultimo; non c’è volto che non sia sul punto di cancellarsi come il volto d’un sogno >>
da “L’immortale” di Jorge Luis Borges
NOTE A MARGINE
La mostra " Metafore " allestita presso il Centro Syn di Don Bosco nel 2006 accoglieva il visitatore con quattro foto verticali che parlano di Identità.
" Penso e dunque Sono " oppure " Sono e dunque Penso ". La celebre frase di Cartesio è sovrapposta all'immagine non del tutto definita dell'autore, una sorta di autoritratto in divenire.
Fino all'ultimo respiro il nostro corpo e la nostra mente cambiano e si trasformano. Il grande Album al centro è il racconto parziale di una vita, fatta d'incontri, di parenti vicini e lontani, di amicizie importanti trascritte indelebilmente nella memoria.
Come tutte le immagini anche la nostra si scompone in una serie di istantanee, ognuna in grado di evocare, esprimere il proprio senso. L’identità diviene una collezione di maschere indossate una dopo l’altra; le storie di vita sono un insieme di episodi il cui senso si riduce ad una memoria non meno effimera di essi.
Un tempo l’identità si costruiva come una casa: pavimenti, mura e soffitti. Al posto di questa faticosa tecnologia edilizia oggi subentra la tecnica degli “inizi assoluti ” del ricominciare sempre daccapo, dello sperimentare forme veloci da montare e facili da smontare, del dipingere nuove immagini sui quadri di ieri.
Un’ identità del genere si adatta meglio ad un mondo dove l’arte del dimenticare viene privilegiata rispetto a quella del ricordare; dove lo svuotare la memoria piuttosto che riempirla è la condizione necessaria per conservare intatta la propria efficienza.
….dove sempre nuove cose e persone entrano senza alcuna ragione nel nostro campo visivo per subito e senza ragione, abbandonarlo; dove la memoria sempre più assomiglia al nastro di una videocassetta, cancellato ogni volta che si vuole per registrare un nuovo avvenimento…
da “ Il disagio della postmodernità” di Zygmunt Bauman
Altri due manifesti 90x75 erano disposti agli angoli della sala; FLORIS, fiori belli da vedere e interessanti da catalogare in una sorta di romantico collezionismo scientifico.
Accompagnava l'opera il seguente commento:
<< Se potessimo
comprendere un solo fiore sapremmo chi siamo e cos’è il mondo. Non c’è fatto,
per umile che sia, che non racchiuda la storia universale e la sua infinita
concatenazione di effetti e cause >>
da Lo Zahir di Jorge Luis Borges
L'altro manifesto portava il titolo STUDIO PROSPETTICO:
<< Questa composizione denota semplicemente il piacere che prova l'autore nell'usare la macchina fotografica, nell'entrare con essa nelle pieghe del paesaggio >>