MINIMAL ART
NESSUNO DISEGNA UNA LINEA NELLO STESSO MODO,
E NESSUNO INTERPRETA LE PAROLE ALLA STESSA MANIERA
SOL LE WITT
Riccardo Di Valerio: " Museion "
Erika Giovanelli: " L'ombra "
Roberta Ragozzino: " Chiaro di Luna " e " L'ombrello "
Mara Antino: " Mare Blu "
Gianni Gaetano: " Nuvole e News"
Alexander Thaler: " In viaggio" Domenico Perri: " Ricordi "
Livia Maturi: " Punctum"
Alessandro Peloso: " Neon " Paolo Bramezza: " Giallo Orizzontale"
Emo Magosso: "Note di colore " Italo Bucchieri: " La campanella "
Adelaide Kuss: " Der Streuner"
Il Minimalismo nella fotografia
L’arte minimalista, sviluppatasi originariamente negli Stati Uniti nell’ambito dell’astrattismo geometrico verso la metà degli anni ’60 del Novecento, conferisce massima importanza all’essenzialità degli elementi costitutivi. Giunge, in casi estremi, anche a tentare di negare il contenuto emotivo dell’opera, a favore dell’esplicitazione formale e costruttiva dell’oggetto.
Le scelte maggiormente diffuse per i soggetti delle opere sono di tipo monocromatico, ma il colore, laddove sostiene la forma, è usato puro.
L’attenzione compositiva, in pittura come nella fotografia, è di tipo astratto. Domina l’oggettività, libera da decorazioni di superficie o gesti espressivi.
L’essenzialità e la purezza formale giocano sapientemente, nella fotografia, con gli effetti chiaroscurali, che esaltano linee e volumi. La riduzione all’essenziale delle strutture compositive esalta la fisicità e l’oggettività dell’opera, evidenziandone così l’aspetto concettuale.
Il termine minimal art, fu coniato nel 1965 da Richard Wollheim, filosofo dell’arte inglese, che in un articolo pubblicato nella rivista Arts Magazine intendeva mettere a fuoco una nuova corrente, quale reazione all’espressionismo astratto, tendenza dominante nell’arte della contemporaneità fino agli anni Cinquanta.
Tra gli esponenti più noti si ricordano Barnett Newmann, Frank Stella e Sol LeWitt.