Johann Wolfang von Goethe (1749-1832)
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<< Che io conosca ciò che tiene insieme nell'intimo, il mondo...>>
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<< Warum stehen Sie davor? Kamen Sie getroff herein >> (Goethe 1828)
E' con questi versi e con la scritta "SALVE" che il visitatore è accolto nella casa del celebre scrittore tedesco. Questa parola assume qui l'originale significato latino di "IN SALUTE", un augurio quindi per il visitatore.
La casa, ubicata nel centro storico di Weimar è ovviamente un museo, ma un museo particolare; sono conservati i cimeli e i mobili del proprietario, ma non vi sono tavole esplicative riguardanti la vita del poeta. E' una casa a tutti gli effetti quindi, solo che il proprietario se ne è andato da lungo tempo. In una sala a piano terra viene proiettato però, un video molto interessante che illustra con dovizia di immagini i trascorsi dello scrittore, la sua vita, i suoi amori, i suoi interessi davvero molteplici, e i suoi viaggi, anzi il "VIAGGIO" per eccellenza, quello compiuto dall'autore il 4 settembre 1786 alla volta dell'Italia.
Ed è di questo viaggio e del libro che lo descrive, pubblicato cento anni dopo, che voglio parlare....dato che alcune delle immagini allegate mi riportano alla mente i paesaggi della campagna romana, cosparsi di romantiche rovine. Goethe restò in Italia dal settembre 1786 all'aprile 1788. Soggiornò a Verona, a Padova, a Venezia poi a Bologna, Firenze, Perugia e Roma. Successivamente sarà a Napoli e poi in Sicilia ed infine di nuovo a Roma dove abitò dal giugno 1787 all'aprile 88. Se la moda del Tour si era già affermata fin dalla metà del 700 è con il poeta tedesco che cambia il modo di viaggiare: l'atteggiamento non è più solamente quello dell'erudito e dell'osservatore freddo e distaccato, ma è quello che da spazio alla partecipazione dei luoghi e della vita della gente che li abita. Roma e l'antichità classica possono essere compresi solo a chi va loro incontro con partecipazione e umiltà d'animo; così si espresse in quegli stessi anni il Winkelmann ciò che costituisce un suggerimento utile anche per il frettoloso turista moderno; per capire un luogo bisogna porsi nello stato d'animo giusto, dimenticare la fretta e le proprie fissazioni.
Il viaggio in Italia per il poeta, rappresenta insieme il bisogno di una vacanza spirituale, la necessità di nuove esperienze, l'evasione dalle abitudini quotidiane pure necessarie.
Per Goethe il viaggio in Italia rappresenta soprattutto la ricerca di una nuova dimensione dello spirito, sono là le nuove energie, è là l'intuizione artistica più profonda, sono là oltre le Alpi le fonti di quell'armonia tenacemente perseguita tra mondo umano e mondo della natura. Quest'ultimo aspetto così caro al poeta, mi rende non poco dubbioso; nella tradizione dei popoli affacciati sul Mediterraneo la natura non ha mai costituito un aspetto importante, un'aspirazione profonda, un godimento ricercato, è o meglio era un dato di fatto di cui solo il viaggiatore straniero poteva accorgersi.
Nel mio viaggio che attraverso la Germania mi ha condotto fino alle sponde del Baltico ho constatato che la dimensione del paesaggio per quanto ben curato, con boschi, prati e coltivi ben disegnati, non è assolutamente varia. Le quercie secolari, i faggi stupefacenti, i tigli, gli aceri, le betulle e i pini si trovano in Baviera come sulla rive del mare, in una continuità che per l'uomo mediterraneo diventa spesso noia. E capisco allora l'animo tedesco, la gioia che egli prova nel varcare le Alpi e affacciarsi sul paese del sole. Capisco anche la necessità che avevano i ricchi principi tedeschi del 700 di trasformare i loro possedimenti in parchi, in giardini con laghi e stagni con cui abbellivano i loro castelli e dimore. Con l'arte rendevano più godibile il paesaggio di cui facevano parte. Di tutto questo i paesi mediterranei non hanno mai avuto bisogno, la natura costituiva essa stessa un'opera d'arte così varia, così ricca.....così fragile, così data per scontata, così dimenticata.
<< Un vento impetuoso ha spazzato e rischiarato completamente il cielo. Il freddo era di quelli che si hanno a febbraio. Ed ora al chiarore del sole che sorge, il piano davanti oscurato dagli alberi poi le rocce grigie che si frammischiano e, dietro le altissime cime coperte di cime spiccanti nell'azzurro profondo, presentano un quadro mirabile che varia continuamente>>.
Brennero 8 settembre 1786
<< L'importante è che io riprenda interesse per il mondo,che metta alla prova il mio spirito di osservazione. Devo constatare fino a dove arrivano le mie cognizioni ed il mio sapere, se il mio sguardo è puro e limpido>>.
<< Anche la sera è mite come il giorno. Se un meridionale vedesse il mio entusiasmo, mi troverebbe molto fanciullo. Ciò che qui esprimo l'ho sentito e saputo da lungo tempo, dacchè ho sofferto sotto un cielo inclemente. Ed ora mi godo questa gioia eccezionale che si dovrebbe provare come una legge di natura >>.
Trento 11 settembre 1786
<< Quanto vorrei avere i miei amici accanto per godere insieme del panorama che mi si presenta innanzi! " Fluctibus et fremitus resonans, Benace, marino". Molte cose sono mutate, ma ancora s'agita il vento sul lago la cui vista è sempre resa maggiormente bella e gentile dal verso Virgiliano >>.
Torbole 12 settembre 1786
Weimar: Monumento a Goethe e Schiller
<< Dirò solo poche parole sulle montagne e sulle specie di pietre che si trovano a Sud del Brennero. Dapprima ho intravisto una cava di marmo, essa deve giacere sul terreno di micaschisto. Più lontano apparvero dei porfidi. Le rocce erano magnifiche e con i frantumi sarebbe stato facile formare delle piccole collezioni. Tra Bronzolo ed Egna la roccia appare in forma di colonne tra di loro congiunte. Ferber (mineralogista tedesco 1743-1790) li riteneva prodotti vulcanici. Ma questo accadeva 14 anni orsono quando tutto lo si voleva attribuire alla forza lignea. Già Hacquet (professore di storia naturale francese 1740-1815) ne ride >>.
Verona 14 settembre 1786
Ferber quella volta aveva ragione. Nessuna roccia più del porfido è legata all'attività vulcanica ed a quella eslposiva per giunta...
Dunque anche i maestri posson sbagliare....
Goethe in der romischen Campagna (H.W. Tischbein 1787)