LA VAL SOANA - PIEMONTE

 

Sabato 5 luglio 2008 

Finalmente si parte. Alle ore 15.07 lasciamo Laives per metterci in viaggio verso le Alpi Piemontesi. La giornata è molto calda, il cielo è sereno ma come indicano le previsioni non durerà a lungo.

Dopo tre ore di viaggio superiamo Milano, entriamo in Piemonte alle 19.00, usciamo dall’autostrada ad Ivrea per addentrarci nella Valle del fiume Orco a Sud del gruppo del Gran Paradiso e quindi in territorio piemontese. Raggiunto Ponte Canavese deviamo per la Val Soana con l’intenzione di effettuare nell’indomani una escursione al santuario di S.Besso sicuramente l'attrattiva principale di questa zona del parco.

La valle è inizialmente molto stretta e pericolosa da percorrere per i numerosi strapiombi; solo dopo una quindicina di chilometri il paesaggio si fa più dolce. Numerose le piccole borgate di cui molte abbandonate che s’incontrano lungo la strada: Ingria, Ronco Canavese, Valprato Soana.

Penso che deve essere stato particolarmente difficile sopravvivere da queste parti; i pendii sono molto ripidi e gli abitanti del luogo debbono aver faticato molto per ricavare dal bosco qualche magro pascolo.

Parcheggiamo il camper alle 20.30 in località Valprato di Soana. E’ tardi, sono piuttosto stanco, il navigatore è K.O. mi accontento dei panini di recupero e dell’acqua un po’ amarognola della fontana del borgo. Un’occhiata fuggevole al paese; c’è qualche movimento forse perché è sabato. L’impressione è che il borgo e la valle siano poco frequentati, mancano gli alberghi, il turismo è probabilmente stanziale, case di proprietà frequentate solo durante l’estate.

 

Domenica 6 luglio 2008

S.Besso dovrà aspettare. Il tempo come doveva accadere è brutto e anche se non piove le nuvole si stanno abbassando. Abbiamo raggiunto con il camper la località Campiglia Soana un piccolo borgo che si trova all’interno del parco del Gran Paradiso.

Partiti intorno alle 9.30 e raggiunto il bivio dove parte il sentiero del santuario, abbiamo preferito proseguire lungo la valle che conduce ai piani d’Azaria.

La strada forestale è stata fatta costruire dai Savoia che hanno utilizzato quello che diverrà poi il primo parco nazionale come riserva di caccia. Da quanto riportano i libri si evince che Re Umberto non amava scomodarsi per le sue battute di caccia, ma sparava solo da postazioni fisse facilmente raggiungibili con la carrozza.

Dopo pochi minuti ha cominciato a piovere e per fortuna abbiamo trovato riparo sotto il balcone di una piccola baita.

Qualche saetta con l’inseparabile tuono cadeva sulle cime circostanti provocando il gradevole effetto di pericolo che queste manifestazioni meteorologiche hanno anche sui montanari più incalliti. Dopo una ventina di minuti è tornato il sole e la valle è stata inondata da una bellissima luce.

 

 

 

 

Salutati da un gregge di pecore curiose e linde per la doccia ci siamo nuovamente incamminati lungo il sentiero.

 

 

 

 

I piani d’Azaria sono ricoperti da una distesa di fiori prima su tutti la bistorta (Polygonum bistorta), un fiore dal colore rosa tenue a forma di spiga e dall’odore intenso non proprio gradevole. La casa reale di caccia è un edificio molto semplice che di reale ha ben poco. Sopra la soglia unico riferimento, è presente lo stemma sabaudo. Tra le specie botaniche osservate sono da menzionare in particolare i semprevivi quello dei monti rossiccio e quello giallo di Wulfen. Sono presenti anche tre tipi di sassifraghe, quella delle rocce (Saxifraga paniculata), quella spinulosa (Saxifraga aspera) e la Sanicola (Saxifraga cotiledone) che presenta foglie ed estremità fiorite di grandi dimensioni.

 

    Polygonum bistorta                                                                                                Sempervivum wulfeni)

 

 

 

Lunedì 7 luglio 2008

Abbiamo trascorso la notte in una valle laterale a quella di Soana in località Forzo piccola frazione con le case dai tetti di lastre in pietra scistosa, a “losa” come dicono da queste parti. E’ un posto silenzioso e si sente solo il mormorio del torrente che forma bellissime cascate. Numerosi anche qui i semprevivi di Wulfen e i gigli rossi di S.Giovanni che crescono rigogliosi lungo le rive.

 

 

 

 

 

 

 

Il tempo è buono e decidiamo di visitare le borgate abbandonate o quasi della parte alta della valle. Le due frazioni poste a circa 1500m. si chiamano Boschietto e Boschettiera nomi poetici che ricordano i folletti dei boschi. Sono state abbandonate dopo l'ultima guerra perchè era troppo faticoso vivere da queste parti. Oggi qualcuno è tornato lassù per trascorrere i mesi estivi lontano dai rumori e da tutto.

 

 

 

 

Molte delle case riportano sulle facciate pregevoli affreschi di arte popolare dove il repertorio più usuale è l'immagine della Madonna col Bambino.

 

 

 

 

Numerose poi sono le cappelle e peculiarità della zona i piloni votivi. Un'occhiata ai sentieri che collegano le piccole borgate e risulta lampante che ai santi bisognava raccomandare l’anima specie durante i mesi invernali quando percorrere queste mulattiere era a dir poco pericoloso. Posto sotto un riparo di roccia poco distante da Tressi c'è un pilone votivo di grandi dimensioni molto suggestivo con numerose riproduzioni di santi accostate l'una all'altra. Questi affreschi realizzati su commissione costituiscono spesso degli ex-voto realizzati per i motivi più diversi: la nascita di un figlio, la guarigione da una malattia, il ritorno di un figlio dalla guerra. I più sono della fine dell'800.

 

 

 

 

Martedì 8 luglio 2008

Decidiamo di tornare a Campiglia Soana per salire finalmente a S.Besso (2019m.) Giornata splendida, salita inizialmente difficoltosa, si superano un paio di salti rocciosi. Sulle rocce la Sanicola (Saxifraga cotiledone) presenta foglie e fioriture esorbitanti. Superato il bosco comincia il prato, poi una malga e più in su si vede S.Besso costruito proprio sotto una rupe.

 

 

 

 

 

 

Non c'è anima viva solo un pastore con mulo e cane al seguito e fotografo il santuario da tutte le angolature. Un rude guardia-parco munito di binocolo e bastone fatica a salutarmi. Scambiamo poche parole, gli chiedo se ci sono i camosci e borbotta affermativamente. 

Mi incammino verso il passo di Arietta speranzoso di vedere qualche selvatico e felice di emulare il prode Grassi per gli amici l'archibugiere del Fotoclub BZ.

Sul passo da cui si domina la valle si possono osservare numerose specie botaniche: il rododendro ferrugineo, la viola calcarata, la pinguicola e il camedrio alpino una specie tipica delle rocce calcaree, un incontro non previsto su queste montagne di natura metamorfica.

Sulla via del ritorno riesco finalmente a vedere un gruppo di camosci che si godono il fresco su un nevaio lontano.

 

 

 

 

Decido di provare l'inseguimeto ed effettivamente i camosci che non sembrano particolarmente timorosi si lasciano avvicinare fino ad una cinquantina di metri alla portata quindi del 300mm trasformato nell’occasione in un potente 450mm "grazie" al formato digitale.

 

 

 

A Cogne riuscirò ad avvicinarli ancora di più ma questo allora non lo sapevo. Stanco ma felice di questo incontro ho fatto ritorno a Campiglia dove abbiamo trascorso l'ultima notte in Val Soana prima di risalire la Val dell'Orco fino alle porte del Paradiso.

 

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