Vecchie pagine web come pagine di memoria dedicate al paesaggio dell'altipiano di Lavarone e Asiago. Di questi luoghi, delle persone che hanno lì vissuto, prima e dopo la Grande Guerra, lo scrittore ha fatto un ritratto memorabile, poetico e nostalgico ad un tempo, dove il sentimento della solidarietà tra gli uomini e del rispetto della natura è stato sempre il filo conduttore di ogni racconto.
<< Scrissi che ero nato in Vezzena: un luogo di pascoli e malghe dove si produce uno tra i più buoni formaggi in assoluto. E per questo mio luogo di nascita che mi ero deliberatamente scelto provocai il riso tra i miei compagni, sorpresa alla maestra e a mia madre e forse una piacevole soddisfazione al nonno e a mio padre. >>
Maggio 2004
Venerdì 30 maggio alle ore 18.30 caricate le biciclette sul camper e invitato l'Oscar amico di vecchia data a salire a bordo, siamo partiti per Lavarone precisamente per il Passo Vezzena.
Da tempo avevamo programmato una gita sull'altopiano e finalmente quel momento tanto atteso era arrivato.
L'altopiano di Lavarone oltre ad essere un bellissimo posto, ricco di prati e boschi è famoso per gli avvenimenti relativi alla prima guerra mondiale. Qui passava la linea di confine tra lo stato italiano e quello austro-ungarico. Gli austriaci già dagli inizi del 900 avevano realizzato un sistema difensivo costruendo numerosi forti; vicino al passo Vezzena il forte Busa Verle, più in alto a strapiombo sulla Valsugana lo Spitz Verle e poi ancora quello di Luserna e infine il forte Belvedere il meglio conservato, oggi trasformato in museo storico della guerra. I forti costruiti dagli italiani erano quelli di M.te Lisser sopra Enego, di M.te Verena sulla Val d'Assa, di Campolongo e di Punta Corbin a controllo della Val d'Astico.
Forte Busa Verle
Malga Larici m.1650; vi giungiamo dopo aver percorso 12 km. L'Oscar sorseggia un cappuccino corretto grappa mentre io mi accontento di un thé.
Il tratto più difficile del percorso che ci porterà a Bocchetta Portule è reso difficoltoso dal fondo sassoso ma stringendo i denti, riusciamo a rimanere in sella ....
Panorama verso il M.te Verena
Bocchetta Portule conduce in Val Trentin e verso la Cima dell'Ortigara. Qui ha avuto termine la nostra gita; nuvole minacciose si addensavano sulle cime più alte e l'Oscar che non è un temerario mi ha lasciato appena il tempo di riprender fiato. Dopo la foto ricordo era già in sella e si prestava a scendere a valle inseguito da chissà quali fulmini.
Bocchetta Portule
<< Queste e altre cose imparai da ragazzo girando per le malghe delle mie montagne; come le vipere non sono cattive ma utili perchè mangiano i topi, che i tori in libertà sono innocui al pari di altri animali; e i funghi, le bacche, le erbe e gli animali selvatici. >>
<< Mai come oggi l'uomo che vive in paesi industrializzati sente la mancanza di <<natura>> e la necessità di luoghi: montagne, pianure, fiumi, laghi, mari dove ritrovare serenità ed equilibrio; al punto che viene da pensare che la violenza, l'angoscia, il malvivere, l'apatia e la solitudine, siano da imputare in buona parte all'ambiente generato dalla nostra civiltà. >>
Febbraio 2005
Da Primolano in Valsugana, una ripida strada porta al paese di Enego e proseguendo fino all'omonimo altipiano, si raggiungono dopo una decina di chilometri le migliori piste da fondo delle Prealpi Venete. In primavera quando la neve è finalmente scomparsa, le piste da fondo rivelano la loro vera natura: sono strade, strade asfaltate che percorrono in lungo e in largo l'Altopiano e da qui conducono prima a Gallio e poi ad Asiago il paese più importante dell'Altopiano dei Sette Comuni.
Enego 2000
Enego 2000 a quota 1380m ha un nome un po' altisonante; in realtà si parcheggia in prossimità di un albergo modesto e due piccoli impianti di risalita conducono gli amanti dello sci alpino, sulle pendici del Monte Lisser. E' una fortuna che sia così e che la zona non assomigli affatto a Obereggen o all'Alpe di Siusi gremite entrambi, da nugoli di sciatori e turisti. In compenso la pista si paga, eccome! 6 Euri sonanti ma ne vale la pena.
Dopo 3.5Km, la pista (la strada sarebbe più indicato dire) si apre sull'altopiano della Marcesina, dove lo sguardo nelle giornate limpide può spaziare fino alle montagne che videro combattere i nostri soldati, nella Grande Guerra. Laggiù all'orizzonte, c'è l'Ortigara non la più alta tra le vette, ma la più tristemente famosa. Nel giugno del 17 il tentativo di riconquista della sommità dell'altipiano da parte dell'esercito italiano, costò più di 28.000 caduti contro gli "appena" 8000 Austro-Ungarici. La cifra dei morti è rivelatrice del modo in cui fu condotta la guerra; i soldati erano carne da macello e i comandanti molto spesso degli autentici pazzi.
La piana della Marcesina
Sui prati della Marcesina furono seppelliti numerosi caduti, le salme riposano ora nel grande ossario di Asiago.
Inverno
<< Con la coperta sulla testa si camminava in silenzio; il fiato come usciva dalla bocca si gelava sulla barba e sui baffi. Ma anche l'aria, la neve, le stelle erano come saldate insieme dal freddo. .......Il tempo e le stelle passavano sopra di noi stesi nella neve. >>
AGOSTO 2005
L'altopiano di Asiago fu colonizzato nel Medio Evo da genti di lingua tedesca di cui Mario Rigoni Stern è indubbiamente un diretto discendente. Ancora durante la prima guerra mondiale parte della popolazione parlava un antico idioma tedesco e sono ancora numerosi i toponimi in quella lingua.
<< Gabuart in bintar zait, in armakot un vrise z'oxle alloan, mit plise n z'esele haltenz barm....>>
Il monumento ai caduti con la sua immensa mole domina il paese di Asiago....
<< Favole vissute, su cui si affacciano le lunghe file di anime di soldati morti che ne'aldilà camminano insieme e coi quali nella fredda luce della luna, vanno insieme sulle montagne i vivi e i morti. >>
A pochi chilometri da Asiago verso Ovest a picco sulla pianura Padana c'è il Cengio, la cima dei Granatieri di Sardegna che resistettero agli attacchi degli Austro-Ungarici durante e dopo la Strafen-expedition del 16. Se gli Austriaci avessero conquistato le cime della parte Sud dell'Altipiano, avrebbero raggiunto facilmente la pianura e la città di Vicenza.
Ma non successe...
|
|
Panorama dal M.te Cengio
Dallo stesso luogo Tonle, riuscì a rivedere l'antica casa con l'albero di ciliegio sul tetto, da cui piluccava le piccole e dolcissime bacche. Davanti alla casa c'erano i prati e dietro la corona di monti, confine naturale con il Trentino. Lui quel confine l'aveva varcato più volte per cercare fortuna nei territori di Francesco Giuseppe.
<< Ma di lì a poco, della casa del Tonle non sarebbero rimaste che un cumulo di macerie.....allora ridiscese a valle, si sedette all'angolo della strada, accese la pipa e morì. >>
GIUGNO 2007
A
Nord del paese nella frazione che si chiama Rigoni, non lontano dall' aeroporto turistico abbiamo
parcheggiato il camper; l’abitazione di Mario Rigoni
Stern dista un centinaio di metri e per l’indomani abbiamo in programma
la visita ad uno dei più importanti scrittori di guerra (meglio sarebbe dire di
pace), di montagna e di natura.
Al mattino
un po’ titubanti ci siamo avvicinati all’abitazione
dello scrittore; la casa è lungo la
strada che conduce in un’altra famosa località: M.te Zebio.
<< Sulle trincee del Zebio dove gli austriaci avevano doppia difesa di reticolati, mitragliatrici in caverna, avamposti, fortini in cemento armato, trovando resti e cartucce di fucili italiani, commentavano:- Ma come avranno fatto questi sardi ad arrivare fin qua? >>
|
|
Cippo sulla Lunetta di M.te Zebio
<< Dove c'è la grande buca della mina, c'era prima un sasso alto come una casa e ci salivano sopra con le scalette di legno. Da lì potevano vedere gli Austriaci pochi metri più sotto ed erano tanto vicini che si chiamavano per nome.......Si dice che morirono tutti, più di cento soldati italiani, non si sa quanti austriaci. I morti sono sotto quelle rocce rotte, - concluse Angelo Schenal. >>
Tavola sinottica di M.te Zebio
Alcuni
alberi nascondono allo sguardo la casa; è “l’alboreto salvatico”
messo a dimora dallo scrittore stesso. C’è
l’abete rosso e quello bianco, il pino silvestre e la sequoia, il faggio, il
frassino, il maggiociondolo e il sorbo poco più in là. Lo scrittore vestito
come dirà poi lui, da metalmeccanico, stava armeggiando con scopa e ramazza nel
cortile di casa e timidamente gli abbiamo chiesto udienza precisamente per una
trentina di secondi giusto il tempo di una dedica sui numerosi libri che portevamo appresso.
<< Quando trentadue anni fa venni ad abitare questa casa che mi ero costruito, il luogo era selvaggio ed incolto: i cespugli di crespino, rosa canina e ginepro avevano invaso i sassosi seminativi che nel lontano passato gli abitanti della contrada vicina avavano roncato per poter raccogliere un po' di orzo e di patate. Anche il bosco non si era ancora ripreso dai danni della Grande Guerra. Tra gli alberi antichi si era nascosta una batteria austriaca di sei obici da dieci......Dovetti lavorare molto per spianare il terreno, levare ceppi, reticolati, cespugli... Era d'autunno e un giorno, camminando con mio figlio maggiore, raccolsi il primo albero per portarlo vicino a casa: un pino silvestre alto pochi centimetri che a stento era nato tra i sassi....>>
Casa Rigoni: l'alboreto salvatico
<< E' grande il popolo degli alberi; sparso dalle paludi alle vette, dai climi torridi a quelli gelidi; innumerevoli alberi sulla terra in migliaia di specie......Se loro non ci fossero non ci sarebbe vita. Nessuna vita. >>
Mario Rigoni Stern
<< Sette volte bosco, sette volte prato, poi tutto ritornerà com'era stato. >>