MUSEO LADIN DE FASCIA
A San Jean c'è il Museo Ladin de Fascia in pratica un museo degli usi e costumi della gente ladina. Usi e costumi del passato ovviamente che il presente è molto diverso da quello di un secolo fa. Dalla piazzetta antistante il museo volgendo lo sguardo verso Nord si vede il Sassopiatto e il Sassolungo mentre la colonna in marmo nasconde il Col Rodella. Di neve a solivo come si vede ce né ben poca...........il clima sarà il primo pensiero delle genti future che quelle di adesso vivono spensierate e ignare.
Una bella scultura in ferro, legno e sasso sembra voler suggerire che quelle montagne bisogna tenercele ben strette; sono la risorsa principale dell'economia della valle della provincia e della regione, economia incentrata ovviamente sul turismo. E' attuale la polemica sull'apertura dei passi dolomitici al traffico automobilistico e pare che la tendenza attuale sia quella del " libera tutti " .
Contemporaneamente in modo del tutto contradditorio va di moda la parola " Bene Naturale Unesco Patrimonio dell'Umanità " ma fossi il capo in pectore di quell'istituzione porrei delle condizioni irrinunciabili, prendere o lasciare: o gestite oculatamente il patrimonio a cominciare con una politica del traffico dove le auto rimangono sul fondovalle e sui passi si va in bus magari elettrici o tanto piacere e saluti, il patrimonio se ne va e farei pure una bella pubblicità negativa anche perchè non è più il caso di prenderci in giro. Vogliamo rispettarlo questo ambiente o ci pigliamo per il culo?
Guardate il paesaggio bucolico dell'immagine che segue; a occhio e croce ce lo possiamo sognare che sicuramente qualche albergo o funivia si stagliano sullo sfondo.
Mi sono divertito a capire da dove questa immagine è stata scattata e mi è venuto in aiuto il buon software todesc ....
Siamo probabilmente poco distanti dal Passo Sella e a destra del Sas Bece sullo sfondo si staglia la Marmolada, il Gran Vernel e più a destra il tremila di Cima Uomo. La strada visibile nella foto dovrebbe essere quella del Passo Pordoi.
L'immagine che segue rivela anche all'occhio meno esperto che il fondovalle dell'Avisio in passato era intensamente coltivato. Dunque non solo pascoli per il foraggio ma qualche campo di orzo e segale che giungevano a maturazione già con qualche difficoltà, figuriamoci il grano. Per il mais e il vino si scendeva in Val di Cembra.
Arativi nella zona a solivo in destra Avisio
Nel museo accanto alle immagine di un tempo, compaiono gli attrezzi di lavoro vuoi per separe i cereali dalla pula, vuoi per cardare la lana o qualche fibra vegetale come la canapa.
Il turismo prima del boom economico praticamente non esisteva; forse qualche romantico ancora si aggirava per queste valli per capirne la geologia o per prendere gli ultimi appunti su una civiltà contadina prossima alla scomparsa.
Atrezzi per la battitura dei cereali |
Spigoles |
Se l'allevamento del bestiame era inizialmente quello ovino dove capre e pecore si accontentavano di magri pascoli, in tempi più moderni si passò a quello bovino e fu necessario abbattere il bosco, ricavare nuovi pascoli e raccogliere il foraggio. Questo anche a causa della perdita dei diritti di pascolo invernale lungo la valle dell'Adige dove transumavano le greggi. Sicuramente aumentò la fatica ma arrivarono fortunatamente le patate ad arricchire il menù non proprio ricco.
L'allevamento bovino e l'aratura dei campi
L'immagine che segue deve esser stata fatta da sopra Campitello di Fassa; sono curioso di vedere come si sono trasformate le baite in legno in primo piano e alla prima occasione .....
In esposizione nel museo abbiamo altri bellissimi pezzi di artigianato in legno e in ferro. La portella sulla sinistra con incisi simboli che si rifanno a tempi antecedenti a quello della cristianizzazione, chiudeva una contenitore in legno garantendo la conservazione di quanto messo da parte anche a opera degli spiriti benevoli.
Con la lama a destra si tagliava il fieno stagionato per nutrire il bestiame durante l'inverno.
Portela de l'ercia |
Fer da fen |
Quella che segue è un'immagine dell'antica Vigo....
San Jean con a destra la parrocchiale dedicata al santo patrono
Foraggio a 45°
Ecco una dimostrazione lampante di cosa voleva dire il taglio del fieno in anni oramai remoti; la Marmolada e il Gran Vernel vigilano sul lavoro verticale dei contadini.
Ancora bellissimi strumenti che non stonerebbero in un ambiente moderno; a destra è una specie di colino. Un panno di lino evitava che qualche impurità scendesse nel contenitore del latte.
Atrezzo per cardatura |
Coul |
Quale altro lavoro s'inventarono i fassani? Il ritratto che segue è quello di un pittore o meglio un decoratore che si occupava di mobili, porte e stube.
Le dipingeva con un bel fondo azzurro, l'impronta dei pittori fassani nota anche aldilà delle Alpi. Per gli uomini della montagna fu necessario migrare per garantire la sopravvivenza loro e dei familiari viste le poche risorse della valle.
Il pittore fassan |
Porta di armadio dipinta a fondo blu |
Non dimentichiamolo la tradizione < de Fascia > è conservata sopratutto grazie alla lingua ladina......
E infine non poteva mancare una sezione dedicata al Carnevale Fassano la ragione per la quale il martedì grasso mi sono trovato qui.
L'azienda di soggiorno a quanto pare capisce ben poco di maschere storiche e carnevali tipici. Quello di Vigo delle ore 14.30 era un carnevale per bambini e niente altro.
Per fortuna c'era il Direttore Chiocchetti ad aspettarci e a farci da guida al museo, altrimenti sarei tornato a casa con i rullini delle macchine fotografiche ancora vergini.
Marascon, Lachè e Buffon le maschere tipiche del carnevale fassano
Il Marascon con la maschera che teneva sempre in mano
Appese ai muri le maschere da Brut e da Bel e il personaggio del Salvan < l'uomo dei boschi > che facevano da contorno al carnevale. A quanto riferisce il Chiocchetti solo il carnevale di Penia che si svolge di sera, conserva quelle che furono le tradizioni del passato. Più che ai turisti e fotografi si rivolge alla comunità e il clou della manifestazione si tiene all'interno di una casa tradizionale ladina. Troppo complicato per un fotografo che magari non sarebbe neppure un gradito ospite.
Accontetiamoci delle foto eseguite in quel di S.Michele all'Adige e in Valfloriana.
Maschera da Brut |
Maschera da Bel |
Il Salvan: l'uomo selvatico
Museo Ladin de Fascia
Complimenti al Dot. Chiocchetti e ai suoi collaboratori per la disponibilità e per l'ottima gestione del museo. Conto su lor signori per la visita estiva delle sedi distaccate del museo.